Curatore: Diego Gavini

La mattina dell’11 aprile 2006 i telegiornali italiani interrompono le trasmissioni con un’edizione speciale in cui viene data notizia della cattura di Bernardo Provenzano, con cui le forze dell’ordine vanno a porre termine ad una latitanza durata quarantatré anni. Il capomafia viene sorpreso in uno spoglio casolare nel corleonese, in contrada Montagna dei Cavalli. Oltre a numerosi pizzini, canale di comunicazione prediletto dal boss, nel rifugio viene ritrovato quello che Alessandra Dino ha definito “un apparato devozionale particolarmente curato”: novantuno santini, tre bibbie, un libro di preghiere, un vecchio calendario raffigurante Padre Pio, un piccolo presepe, una riproduzione dell’ ”Ultima cena”, dei quadri in cui è dipinta la Madonna, crocifissi e diversi rosari.

Il caso di Provenzano non è…

dissimile da molti altri ed anch’esso, proprio nell’esasperazione degli elementi devozionali, conferma la funzione esteriore del messaggio religioso. Probabilmente è la stessa latitanza, con le ristrettezze che inevitabilmente comporta, a produrre un’ulteriore radicalizzazione del dato esteriore. I limiti fisici e di spostamento, in grado potenzialmente di ridurre l’influenza del boss, richiedono di essere superati anche sul piano simbolico, sempre essenziale all’interno dell’universo mafioso. Nel confronto con i pochi fidati che possono accedere al boss in latitanza, il richiamo ad un linguaggio comune, quello religioso, ribadisce, nella sua essenza connotativa, il carattere persistente della leadership e l’adesione ad un intatto campo di riferimenti simbolici.

Per saperne di più:

  • Dino Alessandra, La mafia devota. Chiesa, religione, Cosa nostra, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 105-131.
  • Dino Alessandra, Gli ultimi padrini. Indagine sul governo di Cosa Nostra, Roma-Bari, Laterza, 2011.
  • Merlino Rossella, Con il Volere di Dio’: religious symbolic ritual of mafia boss Bernardo Provenzano, in «Modern Italy», vol. 17, no. 3, 2012, pp. 365-381.