Curatore: Diego Gavini
Funerali di Vittorio Casamonica
L’estate romana del 2015 è scossa dai funerali-show di Vittorio Casamonica. Vittorio è figura di primo piano dell’omonima famiglia sinti stanziata nella periferia sud-orientale di Roma, area in cui si ha dato vita ad una vera e propria enclave criminale.
Il palcoscenico delle esequie è…
offerto da piazza don Bosco, cuore del quartiere Tuscolano. Elementi tipici delle cerimonie funebri sinti, come l’utilizzo di una sontuosa carrozza trainata da cavalli, si mescolano con una costruzione scenografica di notevole impatto: uno striscione che invade la facciata della chiesa recitando: “Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso”; un manifesto con la scritta: “Vittorio Casamonica re di Roma”, con un suo ritratto che lo accosta iconograficamente alla figura papale; e poi, ancora, la colonna sonora del film “Il Padrino” ad accogliere la bara, mentre un elicottero lancia petali di rosa.
A contribuire notevolmente al rimbalzo mediatico dell’evento vi sono sullo sfondo le vicende processuali di Mafia Capitale che vedono coinvolti anche i Casamonica. Il dibattito nell’opinione pubblica, sul significato e sull’impatto della manifestazione funeraria, si è così acceso. Da un lato si è registrato un fronte ampio che ha sottolineato il messaggio di tipo mafioso, accuratamente ricercato tramite il tentativo di impressionare l’immaginario collettivo, come ad esempio ha evidenziato il professor Gennaro Carillo rilevando come gli organizzatori delle esequie abbiano cercato di dare la “massima rilevanza pubblica” al rito. Dall’altro un più ristretto schieramento teso a ridimensionare la pervicacia degli ambienti criminali romani, capofila il giornalista Giuliano Ferrara che ha ribadito che “ognuno seppellisce i suoi come crede”.
Intorno a questa vicenda non hanno mancato di far sentire il loro peso i social network. Sono infatti le fotografie e i video pubblicati sulla Rete a far emergere in maniera prepotente il caso. La stessa pagina di Facebook della parrocchia di San Giovanni Bosco è presa d’assalto e il parroco deve spiegare tramite la Rete perché abbia acconsentito allo svolgimento della cerimonia funebre. Sulla vicenda è dunque dovuto intervenire il Vaticano, stigmatizzando “l’ostentazione di potere” e ribadendo l’estraneità della comunità cattolica da connivenze con questa opera di strumentalizzazione della pietà cristiana. Proprio su questo punto, intervistati da giornali e televisioni, anche ospitati ad una puntata di “Porta a porta” di Bruno Vespa, i parenti del patriarca hanno ribadito la profonda devozione di Vittorio e dell’intera famiglia.
In conclusione si può sottolineare come le modalità delle esequie abbiano contribuito a creare un salto qualitativo nella percezione pubblica rispetto all’affermazione e diffusione del modello mafioso a Roma, con un effetto non raggiunto neanche dalle inchieste su Mafia Capitale. Essenziale, da questo punto di vista, il combinarsi di tre elementi. In primo luogo l’impatto che i funerali hanno avuto nel territorio: l’“occupazione” di una piazza importante, ha infatti determinato la percezione fisica della presenza, dando una misura di concretezza, un senso di stare nei quartieri. In secondo luogo gli elementi scenografici che hanno riproposto dei luoghi comuni che l’immaginario pubblico ha subito potuto riconoscere come legati ad un modello mafioso, dagli aspetti volutamente eccessivi e kitsch (come il lancio di petali dall’elicottero) a quelli più apertamente metacomunicativi (la colonna sonora del Padrino). In terzo luogo, infine, gioca un ruolo proprio la componente religiosa, con il richiamo strumentale alla religione cattolica nell’esercizio aperto della professione di fede.
Il sistema mafioso si estende dunque al di fuori delle organizzazioni tradizionali e questo passaggio si consuma proprio nell’utilizzo di rappresentazioni e simboli volti a impattare l’immaginario collettivo. Non casualmente, questo passaggio si inserisce con forza in un momento in cui il mondo criminale romano, dopo anni di crescita impunita, finisce sotto il ciclone giudiziario e l’utilizzo di metalinguaggi va a diventare strumento proprio per ribadire la propria resiliente vitalità.