La giornata della memoria e altre forme di commemorazione delle vittime di mafia
di Charlotte Moge
Dal Dopoguerra fino agli anni Settanta l’organizzazione delle commemorazioni per le vittime della mafia era appannaggio di sindacati e di partiti della sinistra italiana (PCI e DP) dalle cui file provenivano molti dei civili uccisi per il loro impegno contro la criminalità organizzata. Si trattava di celebrazioni essenziali con discorsi brevi e corone di fiori davanti alle lapidi. L’assassinio di Peppino Impastato, ucciso il 9 maggio del 1978, e il conseguente impegno di tenerne viva la memoria assunto dai suoi amici, fra i quali Umberto Santino, che gli dedicarono il Centro Documentazione Siciliano fondato un anno prima, cambiarono il volto di tali commemorazioni trasformandole in un’occasione di analisi e riflessione sul fenomeno delle mafie e sulle modalità di contrasto, attraverso l’organizzazione di convegni e tavole rotonde. Le celebrazioni di Pio La Torre e Carlo Alberto dalla Chiesa, assassinati entrambi a Palermo nel 1982, s’iscrivono in questa tradizione, introducendo tuttavia inedite pratiche memoriali, come fiaccolate (a partire dal 1983) o concerti rock, creando sconcerto tra i palermitani, che non ritenevano tali eventi consoni ad una commemorazione. Promotore di tali iniziative era il Coordinamento antimafia, costituitosi attorno ad Umberto Santino, che rappresentò il primo tentativo di unificazione del movimento antimafia civile raggruppando familiari delle vittime e diverse associazioni impegnate nell’antimafia e nel movimento pacifista. A partire dalle stragi del ’92 l’impegno per promuovere la memoria delle vittime delle mafie si è moltiplicato e le pratiche memoriali si sono molto diversificate (vedi voce Culto civile Falcone & Borsellino): dal Memorial Day – percorso ciclistico che attraverso tutto il Paese per concludersi a Palermo il 23 maggio promosso dal Sindacato Autonomo Polizia in ricordo delle vittime delle mafie e del terrorismo –, a spettacoli di vario tipo (concerti, rappresentazioni teatrali, mostre di pittura, cortometraggi, letture pubbliche…) promossi dalle varie associazioni antimafia, ormai le commemorazioni civili sono sempre più innovative per rendere la memoria più viva e coinvolgono sistematicamente i giovani e sempre più spesso anche le istituzioni locali. Nascono inoltre nuovi luoghi della memoria nel palermitano, come il Museo di mafia e antimafia a Corleone, il Giardino della Memoria a Ciaculli, che dimostrano il legame tra la lotta alla mafia e il patrimonio storico locale; particolarmente innovativo il progetto delle “vie della memoria”, inaugurato dal comune di Palermo nel 2017, il quale consiste nella collocazione di codici Qr nelle vie intitolate a personalità palermitane, fra cui molte vittime della mafia, che consentono di accedere con il proprio smartphone alle loro biografie, realizzate da studenti dell’istituto Politeama. Va segnalato infine l’imponente coinvolgimento dei media nella commemorazione delle vittime più celebri (a partire da Falcone e Borsellino) a dimostrazione del radicamento delle istanze dell’antimafia nella memoria nazionale.
L’iniziativa che maggiormente segna una svolta nelle commemorazioni civili è senz’altro la Giornata della memoria e dell’impegno, istituita da Libera nel 1996. Per la prima volta, viene creata un’unica celebrazione per tutte le vittime di tutte le mafie, in cui ricoprono un ruolo centrale i familiari, considerati come comunità coesa che rivendica la stessa esigenza di giustizia. Lo scopo è chiaramente di mettere le vittime tutte sullo stesso piano, dando una visibilità mediatica a quelle meno conosciute attraverso la testimonianza dei loro familiari. La commemorazione si svolge il 21 marzo – data simbolica dell’avvento della primavera – ogni anno in una città diversa, in presenza di migliaia di giovani, con una partecipazione crescente che nel 2014 ha raggiunto le 150.000 persone provenienti da tutta Italia e nel 2017 a segnato una presenza di 25.000 persone a Locri e un altro mezzo milione mobilitato in varie città del paese). Dopo l’assemblea dei familiari – presenti a centinaia – che si svolge il pomeriggio del giorno precedente e una cerimonia religiosa, la Giornata della memoria vera e propria inizia con un corteo allegro e colorato dalle bandiere di Libera (arancioni, rosa e gialle) e con la proclamazione da un palco dei nomi delle oltre 900 vittime, dal XIX secolo ad oggi, da parte di varie personalità, per lo più familiari o esponenti delle istituzioni; si tratta del momento più solenne ed emozionante che, come osservato da Nando dalla Chiesa, fa di questa cerimonia «una specie di messa laica» (Dalla Chiesa 2014, p. 55). Il pomeriggio è dedicato alla riflessione sulla lotta contro le mafie e sull’impegno associativo, attraverso varie tavole rotonde dedicate a tematiche specifiche spesso collegate alla situazione della città in cui si svolge la manifestazione (ad esempio nel 2010, a Milano, si è parlato dell’insediamento delle mafie in Lombardia). Questa commemorazione rappresenta uno dei momenti salienti dell’impegno civile contro le mafie e la presenza di personaggi pubblici importanti le dà un’eco mediatica molto forte; un grande peso simbolico hanno avuto le dichiarazioni rese da papa Francesco nel 2014 a Latina, quando esortò i mafiosi a convertirsi sulla scia di quanto aveva fatto Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi nel 1993, e dal presidente Mattarella – fratello di Piersanti assassinato da Cosa nostra nel 1980 – che nel 2017 a Locri denunciò le infiltrazioni mafiose nella politica. Man mano, la Giornata della memoria e dell’impegno si è imposta come un appuntamento irrinunciabile, tanto da essere istituzionalizzata dal Parlamento il primo marzo 2017 come giorno nazionale dedicato a tutte le vittime di mafia.
«Libera» è anche all’origine della legge 109/1996 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati. Sotto il brand «Libera terra», commercializza i prodotti coltivati sulle terre confiscate ai boss mafiosi nelle regioni del sud ma anche nel resto del paese. Le cooperative agricole sorte sui beni confiscati hanno spesso il nome di una vittima come Placido Rizzotto (PA), Don Peppino Diana (CE), Beppe Montana (SR), Rita Atria (TP) oppure contengono un riferimento implicito come i vini della cantina Cento Passi (PA) nome tratto dall’omonimo film di Marco Tullio Giordana su Peppino Impastato. I campi di volontariato estivi organizzati nelle cooperative coinvolgono giovani da tutto il paese e sono l’applicazione concreta del legame fra memoria e impegno dello slogan di «Libera», perché, dopo i lavori agricoli, diversi familiari vengono a raccontare le loro storie ai giovani alimentando quella narrazione collettiva che costituisce il crogiuolo della memoria dell’antimafia.
Infine, la commemorazione passa anche attraverso la narrazione delle vite delle vittime. La miriade di biografie uscite nell’ultimo decennio è un segnale tangibile della vivacità della memoria della lotta alla mafia. Oltre alle testimonianze dei familiari delle vittime (raccolte in monografie, romanzi, libri intervista), a film celebri (come il già citato I cento passi o Alla luce del sole su don Puglisi di Roberto Faenza) e a fiction televisive (su Falcone, Borsellino, dalla Chiesa), sono stati realizzati anche numerosi graphic novel e romanzi per ragazzi. Queste opere mettono in luce aspetti emblematici del loro impegno e anche momenti meno consensuali come gli ostacoli di tipo istituzionale o le zone d’ombra mai chiarite dai processi e mirano a promuovere la cultura della legalità presso i giovani. La memoria della lotta alla mafia è chiaramente diventato anche un filone editoriale ben visibile.
Bibliografia:
- G. Bendotti, Paolo Borsellino. L’agenda rossa, Padova 2012.
- N. Dalla Chiesa, La scelta Libera. Giovani nel movimento antimafia, Torino 2014.
- M. Giffone, F. Longo, A. Parodi, Un fatto umano. Storia del pool antimafia, Torino 2011. Memoria nostra. Storie di mafia, Palermo 2008.
- M Rostagno, A. Gentile, Il suono di una sola mano. Storia di mio padre Mauro Rostagno, Milano 2011.