Curatore: Diego Gavini
Processione Oppido Mamertina: 2 luglio 2014
Il controllo delle devozioni popolari è un obiettivo che storicamente accomuna le organizzazioni mafiose. Non c’è mafia, d’altronde, se non c’è rapporto con una comunità sociale e la cultura che essa esprime. Tutto ciò che concerne la sfera della ritualità religiosa, dalle confraternite alle feste patronali, è un ambito privilegiato dell’espressione della cultura popolare. E dunque, un campo in cui…
i gruppi di mafia investono le proprie risorse, materiali e culturali.
Essere presenti in questi passaggi della vita della comunità, fino a condizionarne direttamente gli esiti, è un intento che i clan mafiosi si prefiggono ad un duplice scopo. Da un lato, serve a ribadire l’aderenza al sentire comune, ai bisogni di aggregazione che la comunità esprime. Dall’altro, si giunge alla volontà di affermare pubblicamente un rapporto “diretto” fra la famiglia “d’onore”, e in particolare della figura del capomafia, con la sfera del divino.
Del condizionamento di queste pratiche religiose da parte dei clan, dal semplice sovvenzionamento fino al piegare il loro svolgimento ai propri interessi precipui, vi sono numerose e ripetute prove e testimonianze. Spesso tali fatti si svolgono senza alcun rilievo pubblico, fino a rappresentare una sorta di normale routine. In altri casi, invece, per delle circostanze particolari, giungono alla pubblica attenzione, suscitando reazioni più o meno temporanee.
È quanto accaduto il 2 luglio 2014 a Oppido Mamertina in provincia di Reggio Calabria, con lo svolgimento della tradizionale processione della Madonna Delle Grazie. In questa occasione, il percorso della statua venne interrotto all’incrocio tra Corso Aspromonte e Via Foscolo, per effettuare un inchino sotto la casa dell’ottantaduenne Peppe Mazzagatti, esponente della locale ‘ndrina, sottoposto agli arresti domiciliari (e condannato all’ergastolo). Il gesto, voluto dagli organizzatori, vide la protesta dei tre carabinieri presenti alla processione, che la abbandonarono platealmente guidati dal maresciallo Andrea Martino.
A suscitare una forte attenzione da parte dei media nazionali per questo caso, cui fece seguito un moltiplicarsi di interventi pubblici volti a condannare l’accaduto, fu la vicinanza temporale con le parole recitate da papa Francesco alla piana di Sibari il 21 giugno 2014, occasione nella quale il pontefice arrivò a scomunicare gli affiliati alle organizzazioni mafiose. La distanza stridente fra la presa di posizione di Francesco e la concreta quotidianità di inquinamento di alcune manifestazioni religiose, diventa così occasione di riflessione sui passi ancora da compiere per recidere il legame fra le organizzazioni mafiose, con tutto quanto ne deriva in fatto di costruzioni simboliche e forme di autolegittimazione, e il rapporto con la religiosità popolare.
Per saperne di più:
- A. Dino, La mafia devota. Chiesa, religione, Cosa Nostra, Bari, Laterza-Roma, 2008, pp. 12-43.
- N. Gratteri, A. Nicaso, Acqua santissima: la Chiesa e la ‘ndrangheta: storie di potere, silenzi e assoluzioni, Milano, Mondadori, 2014.